
Anche a Bolzano l’emergenza coronaviurs sta procedendo nella direzione tracciata sin dall’inizio: per niente tutti sulla stessa barca.
La settimana si è aperta con la solita retata nella zona di parco Stazione, appena sfregiato dalle ruspe di Benko. Polizia, carabinieri, finanza, municipale, esercito e in più l’ipocrisia di giustificare la consueta guerra ai poveri con la necessità di far rispettare il decreto-hashtag Io resto a casa, anche a chi una casa dove restare magari non ce l’ha. A tal proposito, mentre i soliti accrocchi di sigle a metà tra movimentismo e terzo settore perseverano nel chiedere alla stessa giunta che regolarmente – e anche a emergenza già iniziata – sgombera gli accampamenti di senzatetto lasciandoli in mezzo alla strada di cambiare la propria natura, qualcuno ha deciso di far sentire la propria voce in maniera un po’ più diretta: martedì un uomo, a quanto dicono i giornali un operaio romeno rimasto senza tetto dopo aver perso il lavoro e che non riusciva a trovare accoglienza in nessuna struttura, si è arrampicato sulla gru del cantiere del Palais Campofranco minacciando di buttarsi di sotto. Sarebbe stato convinto a scendere dopo un’ora dai carabinieri e da un operatore di Volontarius e portato in ospedale.
Mentre i giornali e i loro lettori invocano la repressione per chi si siede su una panchina o fa una passeggiata, anche da solo (Panchine, da oggi scatta la denuncia, titola l’Alto Adige, per il quale “nessuno può pensare di essere autorizzato a farsi una passeggiata”, e i vigili prontamente avvolgono le panchine col nastro bianco e rosso), il presidente di Assoimprenditori Alto Adige Giudiceandrea dichiara che “non possiamo permetterci di fermare la produzione”, aggiungendo il ricatto-piagnisteo per cui “altrimenti non ci saranno nemmeno più risorse pubbliche da redistribuire”.
Dal punto di vista delle condizioni oggettive è evidente ed è anche tutto sommato un’ovvietà che le barche sono molto diverse e che la situazione che si sta attraversando assume contorni altrettanto diversi a seconda della posizione da cui la si guarda. Da un punto di vista più soggettivo, di chi con la normalità di cui in questo momento tutti sembrano agognare il ritorno ha scelto di essere in guerra, ci sembra importante ragionare sulla prospettiva con la quale leggere e affrontare questa situazione senza limitarsi a subirla aspettando il ritorno di quella stessa normalità. In questo senso proponiamo il testo – uscito la scorsa settimana su Macerie – che tra quelli letti in giro finora più ci sentiamo di condividere, e riportiamo di seguito una chiamata che sta girando tra compagni e altri disadattati bolzanini a continuare a vedersi, anche di persona con tutte le precauzioni del caso, e organizzarsi. Le sottolineature sono nostre.
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