Qualche giorno fa la stampa locale riportava la notizia, peraltro già annunciata da qualche mese, della prossima installazione di 160 nuove telecamere in città. 30 di queste dovrebbero essere installate entro l’anno, e si tratta di quelle il cui acquisto, per la modica cifra di 450 mila euro, era già stato pubblicizzato qualche mese fa. Nel corso del 2020 dovrebbero arrivarne altre 130 (!), portando il totale a ben oltre 200 e rendendo Bolzano la città più controllata d’Italia, considerando superficie e popolazione. Altri fondi sono stati stanziati per il sistema di “stoccaggio” delle registrazioni. I luoghi nei quali installarle sarebbero stati scelti in parte in base alle valutazioni delle autorità e in parte in base alle richieste dei cittadini. Nel frattempo, 45 mila euro erano arrivati da Roma per installarne altre, “antispaccio”, vicino alle scuole, nell’ambito dell’operazione “Scuole sicure” di Salvini, suscitando la delusione del sindaco Caramaschi: “45 mila euro sono poca cosa. Noi abbiamo già speso un milione di euro per l’installazione di 120 telecamere”. La tendenza ovviamente è la stessa in tutta la provincia, compresi i centri più piccoli.
E dove non arriva la presunta emergenza sicurezza nello sdoganare la sorveglianza totale, ci pensano progetti come quello della “ciclopolitana telematica” (sic), che dietro la retorica sulla mobilità sostenibile e gli altri balocchi tecnologici da smart city porta in dote le solite telecamere, in questo caso sulle ciclabili, “per monitorare i percorsi non solo in funzione della sicurezza ma anche per il controllo del traffico e la sua gestione” (oltre alla localizzazione gps per chi vorrà accumulare “crediti di mobilità” aggiudicandosi dei premi).
Dovrebbe essere per il momento accantonato, invece, il progetto di impiegare i droni per controllare la città dall’alto. Nel 2013, l’allora sindaco – sempre di centrosinistra – Luigi Spagnolli aveva preso contatti con l’azienda ravennate Italdron. Voli di prova erano stati effettuati sul centro cittadino con un drone in grado di registrare tutti i volti incontrati lungo il percorso: “le telecamere sono fisse e ladri e vandali sanno quali punti evitare. Con i droni la situazione cambierebbe completamente: nessuno sa quando sorvolano la città né quale zona viene ripresa”. “Le riprese possono essere effettuate sia di giorno sia di notte. In alcuni casi il drone è visibile ai passanti, in altri casi invece sorvola la città. E infine: può inseguire i malviventi”. Del progetto non si è più parlato, ma droni sono già utilizzati dalle polizie di diverse città ed è facilmente prevedibile una crescita esponenziale del loro uso per il controllo del territorio nel futuro prossimo.
Lo sviluppo successivo, anch’esso facilmente prevedibile, sarà l’applicazione al controllo sociale nelle città di tecnologie già utilizzate in campo militare, sempre con i droni, in quel caso armati, come protagonisti: attraverso la registrazione e l’analisi in tempo reale di una mole enorme di dati, la profilazione di individui e gruppi sociali associati a determinati tipi di comportamenti illegali e il loro riconoscimento automatico in tempo reale, l’individuazione automatica di comportamenti considerati anormali e la predizione della loro possibile evoluzione “criminale”.
L’uso efficace su larga scala di tecnologie di questo tipo dovrebbe essere reso possibile dall’attuale introduzione della rete 5G, capace di sostenere la trasmissione di quantità inimmaginabili di dati a velocità tali da poter dispiegare le potenzialità di tecnologie come l’internet delle cose (smart homes e smart cities disseminate di sensori e dispositivi interconnessi). Non affrontiamo qui il tema delle conseguenze sulla salute umana e delle altre specie.
Tutto questo si traduce in una continua – e rapida – restrizione delle stesse condizioni di possibilità sia di quei comportamenti illegali che per molti esclusi rappresentano un mezzo di sopravvivenza, sia per agire in modo diretto, a vari livelli, contro questa società infame. È urgente pensarci.