Per il primo maggio una manciata di compagne e compagni bolzanini ha pensato di fare una biciclettata – tutti con mascherine e a debita distanza – per lasciare in alcuni luoghi significativi dei messaggi sul prevedibile intensificarsi dello sfruttamento con la scusa dell’emergenza. Passati – casualmente – dal luogo in cui erano appena terminate le celebrazioni ufficiali con sindaco, sindacati e Anpi e dove era presente un certo numero di sbirri in divisa e non, due macchine della Digos si mettono a seguire il gruppo in bici, prima a distanza, poi sempre più da vicino, filmando, fino all’intervento di una volante che sul tratto di ciclabile fra ponte Resia e ponte Palermo, con una manovra folle senza sirene ferma i compagni, mettendo in pericolo sia loro che gli altri ciclisti di passaggio. Nel giro di pochi secondi arrivano altre tre macchine di sbirri – che creano tra l’altro un bell’assembramento, alla faccia del distanziamento sociale. Decisamente nervosi, anche perché qualcuno non si trattiene dall’apostrofarli come meritano e dal ricordare loro la bella performance del giorno prima – quando hanno atterrato, caricato in macchina, portato in questura e denunciato per resistenza una persona rea di camminare con la mascherina abbassata -, chiedono i documenti e di mostrare il contenuto di zaini e cestini delle bici, con l’effetto ironico in foto. Minacce a chi filma – come nel caso del giorno prima – e inviti ad allontanarsi ai numerosi passanti, mentre qualcuno dei compagni prova a spiegare a chi si ferma incuriosito cosa sta succedendo, poi evidentemente i nostri eroi si considerano soddisfatti della giornata.
Ogni giorno si moltiplicano le dimostrazioni del fatto che lo stato di pandemia ha ulteriormente riempito le città di bulletti in divisa che si sentono legittimati a fare il bello e il cattivo tempo, mentre lo stato intende utilizzare le restrizioni rimaste per soffocare preventivamente qualsiasi risposta all’ulteriore peggioramento delle condizioni di vita che si prospetta per molti, coi padroni che piangono e intanto si preparano a far pagare a noi la crisi.
Riportiamo di seguito un volantino fatto girare sempre per il primo maggio e un breve racconto apparso sui social sul 25 aprile a Bolzano, sul nulla che è successo… sul clima in città:
Alcune persone si incontrano più o meno casualmente in piazza Adriano, ancora l’Anpi non c’è, nessuno ha intenzione di attendere che arrivi, nessuno di quelli che si sono incontrati lì ha intenzione di partecipare a delle commemorazioni svuotate di senso, imbarazzanti, con tricolori, stampa, digos e polizia, tutti a braccetto. Delle persone si incontrano li, qualcuno porta un fiorellino. Sulla piazza davanti e vicino al monumento la notte erano apparse delle scritte, cancellate con grande velocità. Qualcuno ha fatto in tempo a vederle, erano scritte di solidarietà con chi resiste oggi, con chi mette in discussione l’operato della polizia, di tutte le forze dell’ordine, dei politici, dei padroni, che oggi più che mai usano la violenza per reprimere, per schiacciare i più deboli e chi non accetta muto e chiuso in casa lo sporco lavoro dello stato con tutti i suoi tentacoli. Erano parole, subito cancellate, di solidarietà diretta con le/gli arrestate/i a Torino domenica scorsa, parole che ricordavano una resistenza fatta di azioni concrete e non di luridi tricolori al balcone. Comunque, in tutto ciò, alcuni amici si incontrano lì in piazza prima dell’arrivo dell’Anpi, la digos zumma sui volti di tutti, due persone vengono prese da parte per notifiche, gli altri restano lì con la polizia che si aggira attorno. Piano piano arriva la commemorazione ufficiale, su cui non vale la pena di spendere parole. Consegnati i verbali ai due fermati, gli amici si allontanano, ognuno per i fatti propri, due vengono fermati di nuovo, poco più in là, dalla polizia. È il 25 aprile. Un uomo ha visto la digos fare un verbale a due persone, dopo, mentre i due se ne vanno l’uomo si avvicina e chiede “perché?”. Questa è stata proprio una cosa bella, gentile e sincera. Perché è il 25 aprile, a Bolzano non è successo un cazzo, ma la digos ci aspetta e un uomo si è chiesto perché.