Oggi a Bolzano si prepara la guerra di domani

Il testo che segue è stato distribuito oggi (lunedì 3 ottobre) a Bolzano fuori dal convegno di cui parla. In fondo, immagini dell’esercitazione Alpine Star apparse sui media locali.

In questi giorni fra il Renon, Merano 2000 e la Val Pusteria si sta svolgendo l’esercitazione Alpine Star 2022, con la quale ci si prefigge di “verificare il livello di prontezza operativa” delle truppe alpine in attività di “combattimento in ambiente montano”. Inaugurata con una delle ormai abituali celebrazioni di militarismo in Piazza Walther (esposizione di mezzi militari, sindaco con cappello da alpino, ecc.), comprende anche quello che è stato presentato come un “importante momento di valenza culturale e scientifica”: il convegno dal titolo Artico: il nuovo “grande gioco” mondiale che si svolge oggi a Castel Mareccio.

Fra gli altri, interverranno il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, l’ex presidente del Comitato militare UE e attuale presidente di Fincantieri, un manager della divisione navi militari della stessa Fincantieri, un manager dell’Eni, il direttore generale di Confitarma (la Confindustria degli armatori), l’amministratore delegato di Iveco Defence Vehicles Claudio Catalano, il capo dell’Ufficio per la politica militare del Ministero della Difesa e l’onorevole Giorgio Mulè (Forza Italia), sottosegretario dello stesso ministero.

Si parte dalla considerazione che lo scioglimento dei ghiacci nel giro di pochi decenni potrebbe rendere l’Artico navigabile (nel testo di presentazione si arriva a dire che “se da un lato l’apertura di queste rotte può considerarsi l’esito di un disastro ambientale, dall’altro può rappresentare un’opportunità per efficientare il sistema dei trasporti navali e, in questo modo, renderlo più sostenibile anche sul piano ambientale”…). Le conseguenze sarebbero la “liberazione” di una quota significativa delle riserve mondiali di petrolio, gas, uranio e terre rare – indispensabili per le cosiddette transizioni ecologica e digitale – e una nuova centralità strategica dell’area dal punto di vista militare e delle rotte commerciali.

La conclusione è quanto mai esplicita e non necessita di troppi commenti: “Anche per l’Italia […] si pone la necessità di affrontare le conseguenze di un Artico sempre più accessibile e strategicamente rilevante, dove altri Stati potrebbero portare avanti rivendicazioni e tentativi di assumere il controllo dei fulcri economici e commerciali. In questo contesto la preparazione delle Forze Armate in artico è di fondamentale rilievo, così come la modernizzazione di tutti gli equipaggiamenti utilizzabili in un ambiente così specifico, a partire da quelli terrestri“, frase che profuma di assegni staccati per la “bolzanina” Iveco (i pacifisti della Fiom avranno di che rallegrarsi!).

Proprio sul terreno della guerra c’è la maggiore – e rivelatrice – continuità nei programmi del governo Draghi, di quello Meloni così come di un ipotetico governo di centrosinistra: appiattimento sull’indirizzo bellicista Nato-Usa, ulteriore incremento delle spese militari (il progetto è di passare da 25 a 38 miliardi all’anno, oltre 100 milioni al giorno), sostegno delle missioni all’estero (più di quaranta attualmente quelle in cui è impegnato l’esercito italiano) a difesa dei profitti del capitalismo italiano, Eni in testa.

Nel suo “piccolo” il convegno – e l’esercitazione – di oggi è una rappresentazione di come Stato, industria, energia e tendenza alla guerra siano sempre più una cosa sola, e inseparabili andrebbero considerati anche da chi vi si oppone. L’unico modo per scongiurare un futuro di guerra è sbarazzarsi di chi lo prepara. Prendendo esempio da chi prova a sabotare gli ingranaggi bellici più vicini, dalle basi e dai poligoni che devastano la Sardegna e altri territori, alle industrie e ai trasporti di armi, ai laboratori di ricerca, alla presenza e propaganda militare diffusa nelle scuole e nelle città, il minimo che possiamo fare è non lasciarli lavorare in pace.

antimilitariste e antimilitaristi