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Su tre manifestazioni bolzanine contro il razzismo

Nell’ultima settimana Bolzano ha visto tre diverse manifestazioni in solidarietà con le proteste in corso negli Usa contro gli omicidi razzisti di cui le forze dell’ordine stanno continuando a rendersi responsabili. Già sabato scorso, a un presidio chiamato in piazza Stazione dall’assemblea antifascista cittadina, la partecipazione era stata superiore alle aspettative, soprattutto da parte di giovanissimi con tanta voglia di esprimersi e di diverse persone che il razzismo delle divise lo vivono ogni giorno sulla propria pelle nelle strade delle nostre città e che si sono unite. Tanto che, visto il numero e lo spirito dei presenti, la manifestazione si è conclusa in piazza Walther dopo un breve spostamento spontaneo e non autorizzato. Parole chiare di solidarietà con la rivolta e di rivendicazione dello spirito anche e soprattutto delle forme più radicali nelle quali si è espressa e contro lo stato e la sua polizia che anche in Italia e a Bolzano ogni giorno mettono in atto retate razziste, gestiscono lager e deportano.

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Due giorni – e più – di ordinaria arroganza poliziesca a Bolzano ai tempi dello stato di pandemia

Per il primo maggio una manciata di compagne e compagni bolzanini ha pensato di fare una biciclettata – tutti con mascherine e a debita distanza – per lasciare in alcuni luoghi significativi dei messaggi sul prevedibile intensificarsi dello sfruttamento con la scusa dell’emergenza. Passati – casualmente – dal luogo in cui erano appena terminate le celebrazioni ufficiali con sindaco, sindacati e Anpi e dove era presente un certo numero di sbirri in divisa e non, due macchine della Digos si mettono a seguire il gruppo in bici, prima a distanza, poi sempre più da vicino, filmando, fino all’intervento di una volante che sul tratto di ciclabile fra ponte Resia e ponte Palermo, con una manovra folle senza sirene ferma i compagni, mettendo in pericolo sia loro che gli altri ciclisti di passaggio. Nel giro di pochi secondi arrivano altre tre macchine di sbirri – che creano tra l’altro un bell’assembramento, alla faccia del distanziamento sociale. Decisamente nervosi, anche perché qualcuno non si trattiene dall’apostrofarli come meritano e dal ricordare loro la bella performance del giorno prima – quando hanno atterrato, caricato in macchina, portato in questura e denunciato per resistenza una persona rea di camminare con la mascherina abbassata -, chiedono i documenti e di mostrare il contenuto di zaini e cestini delle bici, con l’effetto ironico in foto. Minacce a chi filma – come nel caso del giorno prima – e inviti ad allontanarsi ai numerosi passanti, mentre qualcuno dei compagni prova a spiegare a chi si ferma incuriosito cosa sta succedendo, poi evidentemente i nostri eroi si considerano soddisfatti della giornata.

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Dentro e fuori

Questo pomeriggio una manciata di solidali si è materializzata – sempre con le dovute precauzioni – sotto le mura del carcere di Bolzano per portare un saluto e scambiare due chiacchiere sulla situazione all’interno – dopo che nei giorni scorsi è arrivata la prima notizia ufficiale della positività di un secondino –, riuscendo poi a dileguarsi prima dell’arrivo degli sbirri. Dalla viva voce dei detenuti si è potuta apprendere una realtà ben diversa da quella riportata dai giornali: le guardie positive sarebbero tre e non una, e il fatto che non siano state a contatto coi detenuti è, come prevedibile, una cazzata. Da dentro confermano che il tampone è stato fatto solo alle guardie; per il momento sembra che nessuno dei detenuti abbia sintomi. Raccontano inoltre che alle persone che stanno continuando a entrare anche per piccoli reati viene semplicemente misurata la febbre. D’altronde, per portare il virus all’interno evidentemente bastano e avanzano i secondini. In compenso ieri è stato annunciato l’avvio della sanificazione di alcuni locali del carcere considerati più a rischio ad opera di un nucleo specializzato di alpini del reggimento Julia di Merano.

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Rompere l’isolamento

Condividiamo il volantino che nelle fessure del coprifuoco sarà distribuito a Bolzano nei prossimi giorni, con l’invito a rompere l’isolamento condividendo la propria sofferenza e la propria rabbia in una situazione che per molti sta velocemente divenendo insostenibile. Nessuno può promettere nulla, ma rompere l’isolamento è l’inizio di una riscossa possibile. I riferimenti per scrivere sono l’indirizzo e-mail bolzanocontro@canaglie.org e la pagina facebook Bolzano Contro. Di seguito il testo.

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Silenzi e grida

Di riflessioni sulla gestione dell’epidemia di coronavirus – sul fatto che a dispetto della retorica ufficiale sia più che mai evidente che ci troviamo tutt’altro che tutti sulla stessa barca, sull’emergenza come esperimento di controllo sociale, sull’introduzione di misure in questo senso che come avvenuto per altre emergenze in passato ci rimarranno in eredità anche a emergenza conclusa, sulla possibilità che questa crisi nasconda opportunità per costruire solidarietà e di attacco – se ne possono e potranno leggere altrove molte, alcune delle quali sicuramente più solide e acute di quelle che potremmo proporre noi in questo momento. Qui ci interessa solo riportare alcuni fatti, apparentemente non collegati tra loro, accaduti in città nell’ultima settimana.

Mercoledì, già in piena emergenza coronavirus, polizia municipale e Seab hanno sgomberato i senzatetto che si erano accampati all’interno del deposito comunale di viale Trento – uno spiazzo recintato sotto il viadotto dell’autostrada e a ridosso della ferrovia. Secondo il Corriere dell’Alto Adige lo sgombero – recentemente richiesto dal consigliere fascista Caruso e che ha incassato il plauso di Andrea Bonazza di CasaPound – si è svolto non senza “proteste” e “tensioni”, comprensibilmente visto che, proprio nei giorni in cui si invita ossessivamente tutti a rimanere a casa, gli occupanti si sono visti distruggere quel poco di riparo che avevano arrangiato senza ovviamente che venisse loro proposta alcuna sistemazione alternativa. La vostra sicurezza è guerra ai poveri, recita una scritta comparsa su uno dei piloni dell’autostrada.

Nei giorni successivi, con la città già deserta e appena in tempo rispetto al blocco dei cantieri non urgenti, sono state abbattute le decine di alberi nella zona di parco Stazione interessata dai lavori per il WaltherPark, che nei prossimi mesi dovrebbero trasformare l’intera zona tra piazza Verdi e la stazione nel centro commerciale e residenziale per ricchi del miliardario austriaco Benko. Del resto nel silenzio generale è trascorso anche tutto il periodo dall’approvazione del progetto – con l’inconsistente opposizione consumata nella consultazione popolare farsa del 2016, plebiscito sulla promessa di riqualificare la zona, cioè di eliminare i poveri che la vivono – ad oggi.

Martedì pomeriggio un gruppetto di compagni si è presentato sotto le mura del carcere di via Dante per portare un saluto solidale ai detenuti che come nel resto d’Italia come unica misura contro il contagio si sono visti bloccare i colloqui, mentre rimangono stipati in strutture sovraffollate e malsane con un’assistenza sanitaria pressoché inesistente e la probabilità che il virus venga portato dentro dai secondini. Qualche parola sulle decine di rivolte dei giorni precedenti e sui morti nelle altre carceri, sulla situazione dentro, poi, nell’andar via, i compagni sono fermati e identificati. Ieri (domenica) pomeriggio, in pieno coprifuoco, delirio di tricolori e inni di Mameli dalle finestre e chiamate alle forze dell’ordine per segnalare chi fa una passeggiata – mentre operai e trasportatori devono continuare a lavorare come prima anche in filiere di prodotti tutt’altro che di prima necessità – qualche compagno è riuscito – sempre con le dovute precauzioni – a tornare sotto le mura per un saluto e per condividere un po’ di rabbia. Nel giro di qualche minuto si è creato un bell’assembramento di sbirri, che stavolta hanno fermato e trattenuto per un po’ dei passanti che erano rimasti ad osservare.

Riportiamo di seguito un testo sulla necessità della solidarietà a e tra coloro per i quali la parola sicurezza suona solo come una minaccia anche in questi frangenti, circolato in questi giorni a Bolzano:

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Vivaddio

Anche quest’anno, nel pomeriggio di oggi 28 dicembre – “giornata degli innocenti” per il mondo cristiano, in ricordo dell’episodio biblico della strage di Erode – si è svolta fuori dall’ospedale di Bolzano la lugubre preghiera “per la vita” (cioè contro la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo) promossa dal Bewegung für das Leben, associazione antiabortista con sede a Merano – che nel solo 2018 ha ricevuto contributi pubblici da provincia e comune per circa 30 mila euro – che regolarmente organizza simili schifezze davanti agli ospedali delle due città e che nelle scorse settimane aveva organizzato banchetti a Bolzano insieme a Pro Vita & Famiglia e Movimento Per la Vita. Dopo la messa che quest’anno si è svolta nella chiesa dei Tre santi, una trentina di fondamentalisti cattolici si è mossa in processione, con lumini e cartelli con immagini di feti, verso l’ospedale, dove come l’anno scorso ad attenderla c’era un gruppetto di nemiche e nemici del patriarcato con striscione, volantini e interventi al megafono. Vista l’accoglienza loro riservata l’anno scorso all’ospedale e in occasione della cerimonia conclusiva del Pro Life Tour quest’estate, stavolta hanno pensato bene di venire male accompagnati: diverse macchine di polizia e carabinieri a scortarli per tutto il percorso e Digos a volontà. Comunque, sbirri o no, crediamo possano star certi che qualche amante della libertà a disturbare le loro meschine iniziative ci sarà anche in futuro.

Vedere il nemico

Nel primo pomeriggio di venerdì un piccolo presidio con interventi al megafono e volantinaggio si è svolto davanti alla filiale Unicredit di piazza Walther, a pochi passi da quella di Deutsche Bank in via della Rena, per indicare le responsabilità dei due istituti nel commercio di armi e in particolare nell’aggressione turca contro la guerriglia e le comunità curde. Entrambe sono ai primi posti tra le banche coinvolte nell’esportazione di armi dall’Italia (armi delle quali la Turchia è il terzo acquirente), insieme a Intesa San Paolo, BNL-BNP Paribas e Banca Popolare di Sondrio (tutte presenti con filiali a Bolzano). Più in particolare, entrambe sono coinvolte finanziariamente, insieme ad altre, nella produzione delle armi e dei veicoli da combattimento italiani (Leonardo-Finmeccanica) e tedeschi (come quelli della Rheinmetall, presente anche in Italia) usati da Erdogan contro i curdi. Unicredit, inoltre, è pesantemente coinvolta, con prestiti a società locali e attraverso la partecipata Yapi Kredi – uno dei principali istituti di credito turchi -, nel business legato alla privatizzazione di miniere e centrali a carbone, con tutte le conseguenze del caso su salute e ambiente. A proposito di complicità italiane, giova ricordare la presenza in Turchia, all’interno di una missione NATO di supporto alla difesa aerea turca “per difendere la popolazione dalla minaccia di eventuali lanci di missili dalla Siria“, di una batteria missilistica dell’esercito italiano. Riportiamo di seguito il testo del volantino distribuito a Trento nel corso di un’altra iniziativa contro Unicredit:

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Tempo di infami

Dovendo stare a quanto riportano i giornali, un uomo di 67 anni è morto venerdì nell’ufficio del direttore del supermercato Poli di piazza Matteotti, dove era stato condotto insieme alla compagna per il furto, sembra, di due tubetti di dentifricio e di uno shampoo. L’uomo si sarebbe sentito male dopo l’arrivo degli sbirri chiamati dai responsabili del supermercato. Al di là della tristezza e della rabbia per una morte avvenuta in una situazione del genere – e nella quale, comunque possano essere effettivamente andate le cose, la decisione di fermare l’uomo e di chiamare la polizia sicuramente un ruolo ce l’ha avuto -, e al di là dell’assoluta giustezza di rubare alla grande distribuzione indipendentemente dall’indigenza o meno del ladruncolo e dal fatto che si tratti o meno di prodotti di prima necessità, la notizia non può non richiamare alla memoria la decisione di qualche mese fa proprio del gruppo Poli di premiare il personale che segnala un furto tra gli scaffali con 30 euro lordi in busta paga. D’altronde in tutti i settori ormai il modello di comportamento esemplare è quello del delatore. All’epoca la misura era stata criticata dai sindacati, ovviamente con argomentazioni altrettanto vomitevoli: il compito avrebbe messo a repentaglio l’incolumità dei lavoratori – dietro i furti nei supermercati ci sarebbero infatti non meglio specificate organizzazioni criminali – e avrebbe potuto essere svolto ben più efficacemente da “professionisti del settore”. Più d’uno avrà invece sicuramente dato per buono il piagnisteo di un gruppo della grande distribuzione in continua crescita che lamenta “consistenti perdite economiche” a causa dei furti dagli scaffali.

Pulizia. Anzi, decoro

Tutti entusiasti per l’iniziativa, organizzata da “COOLtour” (La Strada) e Centro Pace del comune (Caritas), che martedì ha visto studenti dell’artistico disegnare con lo street artist “Cibo” uno “strudel destrutturato” su alcune cabine elettriche, “liberandole” dalle “scritte d’odio” (come quelle nella foto?). Ci sarebbe più di qualcosa da dire sull’antifascismo ridotto a vigilanza del politicamente corretto, sulla sterilizzazione della società per pacificarla, sulla street art e sui baracconi “sociali” che ci stanno attorno come strumento a disposizione delle istituzioni e del capitale per normalizzare e valorizzare mentre si colpisce in modo spropositato chi sui muri si prende semplicemente la libertà di dire la sua. Ci limitiamo però a riportare alcune parti dell’articolo uscito sull’Alto Adige, un bel campionario di merda, in crescendo fino all’esplicita esortazione finale alla repressione. Ovviamente sappiamo bene che i virgolettati dell’Alto Adige, come quelli di tutti gli altri giornali, possono essere tutt’altro che fedeli alle parole e al pensiero degli intervistati. D’altra parte, nel momento in cui si decide di parlare coi giornalisti si decide anche di assumersi il rischio. Il contenuto dell’articolo ci sembra comunque significativo.

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Catchy Daspo

Il Daspo urbano approvato la scorsa settimana in consiglio comunale sarà applicato a partire da lunedì, annuncia il sindaco Caramaschi. Le zone interessate sono l’asse parco dei Cappuccini – piazza Verdi – stazione – via Renon, piazza Vittoria, passaggio Hikmet (parco tra viale Europa e via Visitazione), via Rasmo (Casanova) e tutti i mercati rionali. Così l’Alto Adige illustra i dettagli del provvedimento:

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Rischi del mestiere

Mercoledì pomeriggio, a quanto riporta l’Alto Adige, a Merano un controllore della Sasa ha preso due sberle da due adolescenti dopo aver chiesto a uno di loro di esibire il biglietto. Riportiamo un passo dell’articolo perché merita:

I due si scagliano sul dipendente della Sasa, che nella fattispecie è un pubblico ufficiale. Sono attimi concitati, le persone in attesa e quelle in transito strabuzzano gli occhi. Alcuni bambini che attendono il cono alla gelateria piangono dallo spavento. Involontari spettatori esterrefatti assistono all’episodio che si consuma sotto i loro occhi. Parte la chiamata per richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Di sicuro da parte dell’autista che ha assistito alla scena, ma anche di altre persone presenti pronte a reagire al bailamme. In un attimo sul posto piombano gli agenti della polizia locale. Vengono insultati dai giovani. Riportare la calma è complicato. I due ragazzi vengono condotti al comando e identificati. Il controllore, impallidito, nel “quarantotto” è quello che ha la peggio. Dieci giorni di prognosi per guarire dalle contusioni riportate. Il caso di mercoledì pomeriggio allunga la serie di aggressioni nei confronti di coloro che sono incaricati di far rispettare le regole di viaggio, prima di tutto verificando il possesso dei biglietti. La posizione dei due giovani autori dell’aggressione avrà strascichi giudiziari: per loro possono profilarsi varie denunce, dalla violenza o minaccia a un pubblico ufficiale al reato di interruzione del servizio pubblico.

Al di là di come possano realmente essersi svolti i fatti in questa e in altre occasioni, non possiamo fare a meno di pensare che il fatto che un controllore debba avere paura nello svolgere con zelo il suo lavoro di merda è sempre una buona notizia. Specialmente in tempi come questi.

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Un continuo

Mentre in consiglio comunale va in scena il teatrino sul Daspo urbano da calibrare in modo che non dispiaccia né all’opposizione di destra né ai Verdi, in città e nella realtà che la circonda il copione è sempre lo stesso. Così l’Alto Adige di ieri:

È un continuo a cui probabilmente ci si dovrà abituare, anche se per le forze dell’ordine è tutt’altro che un’operazione semplice da gestire, niente routine, perché non si sa mai chi ti trovi davanti, in che condizioni, come reagiranno all’intimazione di sgombero. Insomma, si rischia. Stiamo parlando degli sgomberi di accampamenti abusivi sotto ai ponti (e non solo), nella nostra città. Se ne sono effettuati tre pure ieri mattina: sgomberati ponte Langer, ponte Giallo al Talvera e ponte Roma. Sotto quest’ultimo si sono rinvenuti anche tre profughi richiedenti asilo. E non è finita: nelle prossime settimane verrà effettuata la bonifica di tutte le rive dell’Isarco nel tratto cittadino. Ieri mattina l’azione è stata congiunta. Non solo i vigili urbani e gli operai della Seab per lo sgombero fisico delle masserizie e dei rifiuti [cioè degli effetti personali degli sgomberati], ma a dare una mano sono stati anche gli agenti della questura, per identificare eventuali senzatetto e per tenere sotto controllo la situazione nel caso in cui gli animi si fossero dovuti surriscaldare.

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Occhi vigili

Qualche giorno fa la stampa locale riportava la notizia, peraltro già annunciata da qualche mese, della prossima installazione di 160 nuove telecamere in città. 30 di queste dovrebbero essere installate entro l’anno, e si tratta di quelle il cui acquisto, per la modica cifra di 450 mila euro, era già stato pubblicizzato qualche mese fa. Nel corso del 2020 dovrebbero arrivarne altre 130 (!), portando il totale a ben oltre 200 e rendendo Bolzano la città più controllata d’Italia, considerando superficie e popolazione. Altri fondi sono stati stanziati per il sistema di “stoccaggio” delle registrazioni. I luoghi nei quali installarle sarebbero stati scelti in parte in base alle valutazioni delle autorità e in parte in base alle richieste dei cittadini. Nel frattempo, 45 mila euro erano arrivati da Roma per installarne altre, “antispaccio”, vicino alle scuole, nell’ambito dell’operazione “Scuole sicure” di Salvini, suscitando la delusione del sindaco Caramaschi: “45 mila euro sono poca cosa. Noi abbiamo già speso un milione di euro per l’installazione di 120 telecamere”. La tendenza ovviamente è la stessa in tutta la provincia, compresi i centri più piccoli.

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Pro vita

Lo scorso sabato si è concluso, con una grottesca cerimonia pomeridiana in piazza della Mostra, il Pro Life Tour 2019: per tre settimane un gruppo di giovani e meno giovani fondamentalisti cattolici – il cui referente locale è quel Bewegung für das Leben che regolarmente organizza lugubri preghiere contro l’aborto fuori dagli ospedali di Bolzano e Merano – ha scarpinato dalla Germania fino a Bolzano attraversando l’Austria per testimoniare la propria contrarietà a quello che considerano un crimine: la libertà delle donne di decidere sul proprio corpo. La loro presenza in città – bambini e adolescenti vestiti di bianco che ballano, messaggi vaghi – è stata resa un po’ meno ambigua e un po’ più chiara da un gruppo di compagne e altri nemici del patriarcato con un volantinaggio e interventi al megafono. A protezione degli antiabortisti dal contropresidio, annunciato, un consistente e un po’ ridicolo spiegamento di sbirri con tanto di blindati e caschi in testa. Di seguito riportiamo il testo del volantino distribuito:

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Blocco in largo Kolping a Bolzano in solidarietà con Anna, Silvia e gli altri in sciopero della fame

Apprendiamo dai media locali che nel pomeriggio di oggi giovedì 13 giugno in largo Kolping a Bolzano due ignoti “incappucciati” hanno bloccato il traffico, e in particolare gli autobus diretti in stazione, con una catena e uno striscione in solidarietà con Anna e Silvia, le due compagne anarchiche detenute nella sezione AS2 del carcere dell’Aquila in sciopero della fame dal 29 maggio per ottenere il trasferimento e la chiusura della sezione, e gli altri compagni che si sono uniti alla loro lotta nelle scorse settimane. Sempre secondo i media, diversi autobus sono rimasti bloccati. Qualcuno ha allertato le forze dell’ordine che sono giunte sul posto. A proposito della lotta di Anna e Silvia e degli altri compagni, riportiamo di seguito il testo di un volantino distribuito a Bolzano venerdì scorso, quando cartelli in solidarietà con le compagne e i compagni sono stati lasciati nei pressi del tribunale e del tribunale di sorveglianza, e attacchinato e letto al megafono durante il piccolo corteo contro razzismo di stato e repressione di sabato.

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Non c’entra la politica

“Qui non c’entra la politica”, spiega Francesco Bragadin, insegnante, sulla manifestazione studentesca di ieri mattina “Basta violenza”, organizzata dopo la notizia dello stupro di una 15enne, aggredita lungo la ciclabile dietro lo stadio Druso da due persone descritte come di pelle scura. Già consigliere di circoscrizione, Bragadin è transitato per AN, PDL, La Destra e Fratelli d’Italia; più di recente sembra essersi avvicinato a CasaPound: condivide su facebook i loro contenuti, partecipa a più di una serata alla Rockaforte, la sede del movimento in via Cesare Battisti, anche come relatore (è quello al centro nella foto) e scrive sull’organo di CasaPound Bolzano “La Vedetta d’Italia”. Promossa da un fantomatico “Comitato degli studenti per la sicurezza” e presentata come politicamente neutra, la manifestazione è stata organizzata e guidata, assieme a Bragadin, da due militanti di Blocco Studentesco (l’organizzazione giovanile di CasaPound). Mentre ai microfoni le richieste si mantengono generiche (“più sicurezza”), i due militanti, con tanto di bandiera tricolore, chiedono agli altri studenti di tenere alti cartelli con le scritte “accoglienza è stupro”, “migrante arrogante pericolo costante”, “porti chiusi parchi aperti” e perfino uno “stranieri nelle piazze, stupratori alle stazioni, li vogliono i compagni, li pagano i padroni”, ricalcante un coro dedicato ai loro camerati stragisti a libro paga. Tant’è che, stando all’Alto Adige,

molti studenti che, ieri mattina, erano arrivati in piazza Vittoria per prendere parte al corteo […] non hanno affatto gradito il tono di alcuni slogan e il “taglio” politico dato alla manifestazione. Alcuni di loro hanno deciso di non partecipare, altri lo hanno fatto, ma storcendo il naso e dissociandosi subito da certe esternazioni. “Avevamo aderito volentieri – spiega Lorenzo Campaner, rappresentante del liceo scientifico Torricelli – ma poi abbiamo capito che la manifestazione era politicizzata da CasaPound e che i ragazzi erano stati strumentalizzati. Eravamo lì per esprimere solidarietà ad una studentessa, ad una nostra coetanea vittima di una violenza, invece, ci siamo trovati slogan cartelli con scritte dal contenuto razzista che non condividiamo affatto. Per questo, ci dissociamo dal corteo”.

Reazione popolare

Martedì 7 maggio i giornali riportano la notizia dello stupro di una 15enne, aggredita lungo la ciclabile dietro lo stadio Druso da due persone descritte come di pelle scura. Nell’immaginabile sciacallaggio generalizzato si distingue subito il Partito Democratico locale, che sulla sua pagina facebook scrive:

Il ministro dell’interno aveva promesso più sicurezza, purtroppo non ha mantenuto le promesse e ci troviamo a dover commentare questo terribile fatto. Il ministro aumenti la polizia e i carabinieri nei luoghi sensibili come chiediamo da anni!

Mentre si rastrellano giovani stranieri da condurre in questura per il prelievo del dna e si schedano tutti gli ospiti delle strutture di accoglienza, Forza Nuova chiama per il lunedì successivo una “reazione popolare [!] per liberare Bolzano”, “contro stupri e invasione”, in piazza Stazione dalle 21.00. Ad attenderli all’appuntamento, nel parco disseminato di blindati, Digos e qualche giornalista, una trentina di compagne e compagni. Si espone uno striscione (“Ma quale reazione popolare. Forza Nuova promuove ronde razziste sulla pelle delle donne”) e si distribuisce un testo sulla grande assente delle reazioni allo stupro: la violenza strutturale, diffusa del patriarcato – del quale i soldatini di Fiore sono fieri difensori – e della cultura dello stupro che si porta dentro. Dei fascisti nessuna traccia. In tarda serata scrivono sulla loro pagina facebook che il presidio è spostato al giovedì “per motivi personali ed organizzativi”. Stavolta si presentano, protetti da un bel po’ di sbirri. Una decina: i candidati alle europee nonché unici militanti bolzanini Michele Olivotto e Caterina Foti, il dirigente nazionale Luca Castellini, noto per le sue simpatie naziste, e qualche altro sgherro presumibilmente veronese. Finita la sceneggiata, si allontanano scortati dalla polizia. Dall’altra parte, stessa accoglienza di tre sere prima, con cori e interventi al megafono (qui sotto il testo del volantino distribuito). La mattina seguente si svolge una manifestazione studentesca “contro la violenza”, con generiche richieste di “più sicurezza”. Presentata come politicamente neutra, la manifestazione è organizzata e guidata da due militanti di Blocco Studentesco (l’organizzazione giovanile di CasaPound), che, con tanto di bandiera tricolore, chiedono agli altri studenti di tenere alti cartelli con le scritte “porti chiusi parchi aperti” e “migrante arrogante pericolo costante”.

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Verde brillante

Per la mattina di sabato 4 maggio è annunciato un banchetto della Lega in corso Libertà. Raccolta firme per una proposta di legge: “Galera e castrazione chimica per pedofili e stupratori”. Presenti, oltre a una manciata di giovani non più padani e a un altro paio di militanti, il candidato alle europee Matteo Gazzini, i consiglieri comunali Pancheri – quello che aveva parlato di “associazioni dei finocchi” – e Nevola – particolarmente attivo nei movimenti antiabortisti e per la “famiglia tradizionale” – e l’onorevole Maturi. Assente invece Kevin Masocco, il giovane consigliere comunale balzato agli onori della cronaca un paio di mesi fa per l’audio nel quale invitava un amico in discoteca perché “c’è una dj figa da violentare”. Dopo aver inizialmente sostenuto che la voce non fosse la sua, aveva ammesso e si era dimesso. Meno di tre mesi e lo si vede di nuovo alla riunione della sezione bolzanina al solito bar Seltz, nelle foto pubblicate dagli stessi leghisti. Fin dall’arrivo dei leghisti, a loro difesa – soprattutto dell’onorevole – è presente un certo numero di sbirri in divisa e di Digos. Una dozzina di compagne e compagni espone uno striscione (“Ma quale castrazione. La cultura dello stupro siete voi. Distruggiamo il patriarcato”) e distribuisce e legge al megafono un testo sull’ipocrisia di chi fa campagna elettorale sul corpo delle donne e contemporaneamente attacca le loro libertà e difende il sistema patriarcale e la cultura dello stupro che si porta dentro. Nell’andarsene, qualcuno ravviva un po’ lo stile dell’onorevole e degli altri leghisti presenti con un lancio di glitter (merita il titolo scelto da RTTR per il suo piagnisteo: “Anarchici fanno ‘brillare’ il deputato Maturi”). Particolarmente infame in quest’occasione Nevola che – ripreso dall’Alto Adige che dà senz’altro per buona la sua versione – si inventa spintoni e minacce. Sia lui che Maturi, ovviamente, accusano compagne e compagni di difendere pedofili e stupratori. Di seguito il testo del volantino distribuito:

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