Venerdì 23 agosto dalle 18.00 alle passeggiate del Talvera lato Theiner (BZ):
Presentazione del nuovo numero della fanzine Lysistrata, numero speciale – from the river to the sea – interamente dedicato alla Palestina – e alla mobilitazione che si è prodotta da ottobre in avanti nella nostra città
A seguire assemblea pubblica solidale con il popolo palestinese, per confrontarci sulle prossime iniziative
Se negli ultimi mesi la Questura di Bolzano ci ha abituato al fatto di sfruttare in modo spregiudicato tutte le armi a sua disposizione per mettere a tacere le mobilitazioni in città (divieti di manifestare, denunce come quella per “invasione di terreni” per una tendata analoga a quelle di tante altre città, uso disinvolto di avvisi orali e fogli di via – da ultimo contro un compagno bolzanino residente in un comune limitrofo e con molti legami in città), ora estrae dal cilindro un provvedimento di cui non ricordiamo precedenti contro ambiti “politici”.
Torniamo in strada al fianco del popolo palestinese Contro i venti di guerra e la corsa al riarmo Contro i fogli di via e la repressione della Questura di Bolzano
Mentre l’attenzione internazionale rischia di scemare, assuefatta all’orrore, a Gaza e nel resto della Palestina occupata il genocidio incrementale perpetrato dallo Stato d’Israele continua, nell’aperta complicità dell’Italia e degli altri paesi occidentali. Che, oltre a collaborare attivamente allo sterminio del popolo palestinese, in modo ogni giorno più inquietante spingono l’intero sistema economico e sociale nella direzione della preparazione alla guerra, mentre le “linee rosse” che ci separano da un conflitto mondiale e potenzialmente nucleare vengono superate una dopo l’altra. Considerare lontana dalla nostra la condizione delle migliaia di disertori ucraini cui il governo di Kiev, a corto di carne da cannone, dà la caccia in tutta Europa sarebbe un tragico errore.
A mezzogiorno di oggi (mercoledì 17 luglio), i detenuti del carcere di Bolzano hanno dato vita a una battitura di protesta per le condizioni all’interno, esponendo anche “striscioni” improvvisati alle finestre delle celle. Venutolo fortuitamente a sapere, un piccolo gruppo di solidali si è subito radunato sotto le mura, raccogliendo una calorosa risposta da parte dei detenuti e apprendendo che l’intenzione è quella di proseguire con la protesta anche nei prossimi giorni.
Contro violenza di Stato e repressione, al fianco di chi si rivolta
Venerdì 19 luglio
Dalle 17.00 sotto le mura (lato Talvera) saluto solidale ai detenuti del carcere di Bolzano
Dalle 18.30 alla Santabarbara (Viale Trento 20 B) aperitivo con cibarie benefit antirepressione
La scorsa settimana un operaio stagionale di 42 anni, Carlo Lattanzio, è morto dopo essere stato colpito con il taser dai carabinieri a Colle Isarco (BZ). Non abbiamo bisogno di inchieste e perizie per sapere chi sono i responsabili di quest’ennesimo assurdo assassinio, la versione degli stessi carabinieri parla di sé: di fronte a una persona in evidente difficoltà (che aveva lei stessa chiamato il 112), hanno agito in modo da aumentare la tensione, per poi abbatterla con un’arma che si rivela tutt’altro che “non letale”.
Questura e giornali vorrebbero stroncare la mobilitazione in città
Rompiamo la morsa della repressione, per continuare a lottare contro il genocidio a Gaza e i venti di guerra
Dopo mesi in cui l’atteggiamento della Questura di Bolzano si è fatto via via più pesante nel cercare di impedire che le manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese andassero al di là della mera testimonianza (prescrizioni irricevibili, denunce, minacce, manganellate…), ora l’intento è sempre più evidentemente quello di farla finita una volta per tutte con un movimento per la Palestina e contro la guerra che pur con tutti i suoi limiti ha raggiunto un’intensità inconsueta per una città così anestetizzata – e in generale con chiunque si organizzi fuori da una logica di compatibilità con il sistema.
Nella notte tra giovedì e venerdì, in diversi punti del centro di Bolzano, accanto alle “pietre d’inciampo” che ricordano le vittime bolzanine dello sterminio nazista, qualcuno ha incollato delle piastrelle con la scritta “Qui piangiamo la morte di uomini donne e bambini palestinesi, vittime di genocidio e persecuzione dal 1948. 13.000 bambini morti di bombe e fame. Avevamo giurato di non ripetere”. Un modo per strappare le tragedie di ieri alla memoria selettiva, all’imbalsamazione e alla strumentalizzazione, e rimetterle in una prospettiva storica che serva a interrogare la nostra postura di fronte agli stermini di oggi. Nonostante le modalità assolutamente rispettose (le pietre d’inciampo originali non sono state toccate), tanto è bastato per scatenare la canea mediatica e politica filoisraeliana o volutamente ambigua.
A molti di noi piace chiedersi: “Cosa farei se fossi vivo durante la schiavitù? O nel Sud di Jim Crow? O dell’apartheid? Cosa farei se il mio Paese stesse commettendo un genocidio?”. La risposta è che lo state già facendo. Proprio adesso. Aaron Bushnell, aviere americano immolatosi di fronte all’ambasciata israeliana a Washington
Da oltre 7 mesi lo Stato israeliano – con il sostegno politico, militare ed economico delle democrazie occidentali – sta mettendo in atto il genocidio del popolo palestinese a Gaza e Cisgiordania. In questo periodo di tempo una violenza totale è stata scatenata nei confronti dei palestinesi: massacrati, sfollati, saccheggiati, rastrellati, arrestati e torturati. La Striscia è stata trasformata in un territorio inadatto alla vita: le città sono cumuli di macerie, gli ospedali sono distrutti e gli ordigni inesplosi sono ovunque. Anche la gestione degli “aiuti umanitari” è funzionale allo sterminio: ai valichi di confine migliaia di camion carichi di viveri e beni essenziali sono lasciati da settimane sotto il sole a marcire mentre gruppi di coloni suprematisti si organizzano per distruggerli. In diversi casi l’esercito israeliano ha bombardato palestinesi mentre erano ammassati per la distribuzione dei pasti.
Domenica pomeriggio, come era stato deciso collettivamente in precedenza, l’assemblea pubblica in solidarietà con la Palestina che si è trovata in Piazza Adriano a Bolzano si è trasformata in un accampamento (esperienza inedita in città), dopo aver superato un primo momento di tensione con le forze dell’ordine. Appena attaccati alcuni striscioni e aperto un gazebo, i partecipanti sono stati circondati da diverse pattuglie e da personale della Digos che aggressivamente pretendevano di identificare tutti e che si smontasse il presidio; la fermezza dei presenti che hanno opposto un rifiuto e hanno proseguito montando le tende li ha però convinti a desistere.
Dopo il corteo della settimana precedente, nel pomeriggio di domenica 12 maggio una nuova manifestazione in solidarietà con il popolo palestinese, partecipata da circa 200 solidali di varia provenienza, ha attraversato le strade del centro di Bolzano, in un susseguirsi di cori e interventi. Per quanto la manifestazione si annunciasse del tutto pacifica, la Questura ha confermato l’approccio degli ultimi mesi e – verosimilmente consigliata tra l’altro dall’estendersi anche in Italia delle occupazioni in solidarietà con la Palestina, dall’accampamento nato in Piazza Dante a Trento al termine del corteo del giorno precedente e dalla sortita all’interno della stazione ferroviaria del corteo dello scorso sabato a Bolzano – ha pensato bene di blindare l’università con uno sproporzionato schieramento di reparti mobili. Un motivo in più per partecipare all’assemblea pubblica di questo venerdì (alle 17.00 sopra il Pippo) e confrontarsi su come contribuire anche da Bolzano all’estendersi di un movimento che si spera continui a crescere sia quantitativamente che nell’incisività delle iniziative messe in campo.
Nel pomeriggio di sabato 4 maggio, un corteo di circa 200 persone, chiamato dall’assemblea cittadina in solidarietà con il popolo palestinese, ha attraversato, per l’ennesima volta in questi mesi, le strade di Bolzano. Come nelle altre occasioni, una discreta presenza di giovani e giovanissimi, oltre a diversi palestinesi e membri di altre comunità arabe.
Attacchiamo i complici occidentali dello Stato d’Israele, rompiamo il clima di assuefazione e repressione
Da ormai sette mesi lo Stato d’Israele sta perpetrando quello che vorrebbe essere l’atto finale della sua politica esplicitamente genocida nei confronti del popolo palestinese. Lo sta facendo con la sostanziale complicità e il sostegno diretto – politico, economico e militare – di tutti gli Stati occidentali, Italia compresa. Inutile ripetere il numero dei civili massacrati e le condizioni inenarrabili nella Striscia di Gaza, ormai solo chi non vuol sapere può non conoscerle. Il rischio è quello di abituarsi all’orrore del primo genocidio automatizzato (l’esercito israeliano usa sistemi di intelligenza artificiale per individuare gli obiettivi da bombardare, moltiplicando le vittime civili) e compiuto in diretta televisiva.
Per venerdì 26 marzo alle 17.00, l’assemblea bolzanina in solidarietà con il popolo palestinese ha organizzato un presidio fuori dalla sede di FlyingBasket, in Via Enrico Fermi 29 a Bolzano. Il motivo – già denunciato lo scorso febbraio nel corso di una manifestazione contro la vicina Iveco – è che la scorsa estate (dopo che avevano già collaborato in passato) il 10% delle quote della startup sudtirolese, che progetta e produce droni da trasporto, è stato acquisito da Leonardo, la maggiore industria bellica italiana e fra le più importanti a livello internazionale.
Verso il corteo cittadino per la Palestina di sabato 4 maggio, concentramento ore 15.30 all’incrocio fra Via Cassa di Risparmio e Via Museo (seguiranno maggiori dettagli).
“L’assemblea cittadina in solidarietà con il popolo palestinese si troverà nuovamente domenica 21 aprile dalle 17.00 alla scalinata arcobaleno sopra il ‘Pippo’ a Parco Petrarca (Talvera) per definire i dettagli del corteo fissato per sabato 4 maggio e in generale per continuare a confrontarsi su come rilanciare la mobilitazione contro il genocidio in corso.
Presentazione con Antonio Mazzeo
Insegnante e ricercatore antimilitarista, autore del libro La scuola va alla guerra
Il dibattito pubblico è sempre più militarizzato, il dissenso mistificato, censurato. Chi parla di pace e opposizione alla guerra viene accusato di complicità col nemico di turno. Le scuole e le università assomigliano sempre più a caserme in cui non c’è spazio per il pensiero critico. L’industria bellica aumenta a dismisura i profitti. Sui principali media il partito unico della guerra e degli affari non ha opposizione.